I
Walter
era appena arrivato a casa, non erano ancora le nove. Era andato in
lavanderia a fare il risciacquo delle macchine, a stirare una
considerevole pila di camicie e aveva anche lavato per terra. Tutto
era stato lasciato in ordine.
Quella
lavanderia suscitava in lui sentimenti ambigui: certo, era la
principale fonte del suo sostentamento, e in quei tempi non era poco,
ma era allo stesso tempo una schiavitù, un dovere quotidiano che
veniva inevitabilmente avanti a tutto. E a tutte.
Essere
il dominus di una lavanderia automatica, aperta 24 ore su 24,
richiede energie spirituali non indifferenti, per cui la vita di
relazione di Walter era pesantemente condizionata, e ogni
appuntamento a una cert'ora doveva essere interrotto, proprio come
Cenerentola, con la quale Walter si sentiva, a parte la differenza di
sesso, profondamente affine.
Aveva
provato, una volta che aveva conosciuto una bionda particolarmente
intrigante, ad affidare la gestione di un paio di serate a un giovane
pugliese, associando le banconote del compenso a una check-list molto
dettagliata di cose da fare. Gli era sembrata un'idea perfetta:
nessuno avrebbe potuto sbagliare. Quello invece c'era riuscito e i
soldi che Walter aveva speso per far riparare una delle tre lavatrici
lo avevano indotto a rinunciare per sempre a un aiuto esterno.
Arrivò
a casa con l'umore a terra, come da qualche tempo a questa parte.
Il
suo medico aveva deciso di costringerlo a mettersi a dieta e quindi
in frigo c'erano solo cavolfiori bolliti, tre giorni prima, e una
mattonella di crescenza, a un angolo ricoperta da una polverina
verdastra. Acqua, naturalmente, a volontà. Nella fruttiera alcune
mele, ma non di quelle buone. Anche la lampadina appesa al soffitto
trasudava malinconia. Per un attimo fu sul punto di reinfilarsi il
cappotto e di andare in trattoria, almeno per vedere qualche essere
vivente. Si sedette invece a tavola e incominciò a sbocconcellare il
pane rimasto, ultimo tozzo della sua preparazione domenicale da un
kilo di farina integrale. Era buono il suo pane, anche il giovedì.
Accese lo stereo: la radio trasmetteva l'ouverture del Pipistrello, e
con un tale brio che, anche se odiava il ballo, gli venne voglia di
alzarsi, di abbracciare una seggiola e di fare un giro attorno al
tavolo. Bello Strauss, però. Si aprì una scatoletta di sgombro:
voleva festeggiare.
Dopo
mangiato incominciò a fumare, naturalmente tossendo, e si accomodò
davanti al computer, la sua personalissima finestra sul mondo.
Walter
cercava, con grande accanimento, notizie di cronaca in tutti i
giornali on-line del mondo, ma notizie particolari: le notizie che
lui chiamava “quelle che fanno bene al cuore”. E quando ne
trovava una ne gioiva e la archiviava accuratamente per poi potersele
andare a rileggere nel momenti di più cupa disperazione, perché
malinconico lo era sempre.
Quella
sera, che non avrebbe dimenticato, trovò del tutto casualmente un
banner, cioè una réclame, di una telecamera “da guardia”.
Questo aggeggino permetteva di riprendere locali anche di una certa
metratura e aveva persino l'audio incorporato. Era facilmente
occultabile perché l'obiettivo aveva un diametro di quattro
centimetri e poteva essere gestita dal telefonino.
Oddio,
non era proprio a buon mercato. Walter pensò ad alta voce che la
sicurezza del locale sarebbe notevolmente aumentata. In realtà era
la possibilità di ascoltare e vedere i clienti non visto, che gli
procurava una sorta di eccitazione sessuale. Ma non voleva rendersene
conto.
Decise
di comperarsela, del resto era parecchio che non si faceva un regalo,
e secoli che non riceveva un regalo, anche se faceva finta di
dimenticarselo. Scrisse i numeri della carta di credito e premette
Invio.
II
Adesso
stare a casa era più divertente, era come andare in trattoria ma un
po' più stimolante, perché i clienti della lavanderia, ignari di
essere visti, erano del tutto liberi nell'espressione di sé stessi.
Passando
i giorni Walter imparava a conoscerli e a riconoscerli, e a farsi
un'idea – al limite sfruttabile anche a fini commerciali – del
tipo medio che frequentava il suo negozio.
E
il tipo medio che frequentava il suo negozio era come lui, il
classico tipo “solo come un cane”, con una qualche piccola
disponibilità economica che gli permetteva di non doversi lavare la
biancheria da solo, ma non molto di più. Impiegati, commesse, gente
con abiti dimessi, tristi anche questi come i loro padroni.
Gente
che non aveva ancora perso la dignità dell'abito in ordine, anche se
giacche e pantaloni erano di colori talmente diversi fra loro da fare
a pugni. Era quella l'unica violenza che potevano permettersi.
Giovani e meno giovani, accomunati dalla voglia di trovare una
qualsiasi scusa per stazionare a casa il meno possibile, dove li
aspettava un tavolo e un letto vuoto.
I
giorni passavano e Walter trovava che quell'attività di piccolo
spionaggio gli aveva un pochino migliorato la vita. Non è che
facesse i salti dalla gioia, intendiamoci, però arrivava a casa con
una certa curiosità, e stava intere serate davanti al monitor del
computer a vedere la telenovela della realtà. E più la sera
avanzava e più gli incontri si facevano curiosi.
L'avevano
colpito in particolare due persone.
Erano
comparse in TV pressoché nello stesso periodo e, nel giro di poco,
avevano incominciato a parlarsi sempre di più e sempre più
volentieri. Walter, senza fare troppo caso a quello che si dicevano,
vedeva le loro espressioni cambiare di giorno in giorno, e dopo
qualche tempo era riuscito a percepire, molto facilmente perché la
conosceva benissimo anche lui, un'evidente espressione di ansiosa
attesa negli occhi del primo arrivato. La stessa espressione che gli
faceva venire in mente come stava lui quando aspettava quella donna
che per un certo tempo gli aveva fatto dimenticare la sua solitudine,
anche se poi, per dirla chiaramente, non gli aveva concesso neanche
un bacio. E lui alla fine non era riuscito a reggere al tormento di
quella passione non corrisposta. Ma non gliene faceva una colpa.
Capiva bene che l'amore non si può ottenere facendo qualcosa. Si
dona, se si vuole.
Si
concentrò sui due piccioni.
Ogni
volta che Walter osservava la donna cercava di mettere a fuoco dove
l'avesse già vista, ma era difficile ricordare. Una sera il
flashback si schiarì, e la vide cantare in quel teatro dove era
andato parecchio tempo prima. Una cantante, quindi.
Era
una bella donna dai capelli lunghi e scuri, leggermente radi, alta,
con un'espressione aperta e un sorriso intrigante da morire. Veniva
due o tre sere alla settimana, dopo le sei, probabilmente all'uscita
dalle prove. Portava con sé un grosso sacco di biancheria. Non può
essere soltanto la roba di due persone, pensò Walter. Caricava la
lavatrice e si sedeva dolcemente sugli sgabelli, con un giornale in
mano, senza alcun desiderio di leggerlo. Nel giro di un quarto d'ora
arrivava lui. Ancora più alto di lei, miope da morire, con
un'andatura dinoccolata.
Non
caricava nemmeno la lavatrice. Posava il sacco, quello sì di un
single, e incominciava a parlarle. Dopo i primi incontri il volume
della conversazione era diventato veramente basso, nonostante la
manopola del volume fosse al massimo, e non era neanche possibile
leggere il labiale perché si parlavano all'orecchio, stando seduti
l'uno a fianco dell'altra.
Lei
annuiva e rispondeva, qualche volta sorridendo. Chissà cosa le potrà
mai avrà detto lui per farla ridere.
Dopo
qualche tempo lui si fece più intraprendente e una sera che Walter
era arrivato tardi li sorprese mano nella mano. Lui aveva
un'espressione difficilmente cancellabile dalla memoria.
L'espressione di chi non ha niente ma è convinto di avere tutto.
Felicità allo stato puro. Felicità che trascendeva, molto
semplicemente, il tempo e lo spazio. Felicità di un attimo, certo,
ma un attimo che vale cent'anni.
Quanti
anni avrà avuto quel giovane? Forse gli stessi anni che avrebbe
avuto suo figlio, se fosse nato.
Quella
sera Walter andò a dormire con così tanta tristezza addosso che
avrebbe voluto chiudersi dentro un cassetto.
Ma
come tutte le cose belle anche i due giovani, dopo pochi mesi,
finirono per non venire più alla lavanderia e a Walter restò sempre
la curiosità di sapere che fine avessero mai fatto. E soprattutto se
avessero continuato ad amarsi.
Non
si sentì più di accendere la telecamera.
Una
domenica andò al canile municipale e si prese il bastardo più magro
e sparuto che ci fosse.
Ricominciarono
insieme a riempire il frigorifero, e lo stomaco.
Complimenti per la scrittura. Il racconto mi ha comunicato grande tenerezza e profonda solitudine. Ciao
RispondiEliminagrazie per i complimenti.
Eliminanaturalmente non è giusto confondere l'aspirante scrittore con i suoi personaggi, che portano soltanto pochi e nascostissimi indizi di lui, che li mescola, abilmente, lungo lo svolgersi dei suoi racconti. grazie ancora
euge