Siamo in treno,
finalmente. Sono le due meno un quarto e il treno, con una lentezza
esasperante, inizia la sua marcia. E' un sabato di novembre
splendido, e non solo per il sole, che ha la dolcezza dell'autunno.
Saliamo su una carrozza un po' vecchiotta, la littorina con i sedili
in legno e la fila di porte per uscire. Io, lei e i nostri due amici.
E soprattutto i nostri 19 anni.
Andremo a casa loro per
questo week-end, in campagna, in val d'Elsa, dove uno dei due ha la
casa dei nonni. Non ricordo neanche chi dei due nostri amici sia il
padrone di questa casa. Ci hanno detto che è un posto proprio carino
ma, ovviamente, potrebbe essere anche l'inferno in terra che non me
ne curerei granché.
Non posso proprio dire di
essere stanco. Al contrario del mio amico Franco, che fa il
lavapiatti al ristorante, io studio, con i modi e ritmi che mi sono
più consoni. Sarà per questo che l'anno scorso non sono riuscito a
dare tutti gli esami. Lui il sabato dorme tutto il giorno, è l'unico
giorno di riposo concessogli dal patron. Ma non si lamenta. Cerca
solo di recuperare le forze. La nostra distanza sociale non ci
impedisce di essere grandi amici, anche se non ci vediamo molto. Io
poi ho questa ragazza che mi porta via il 99% del mio tempo libero. E
debbo dire che ne sono estremamente felice.
E' la mia prima ragazza e
vorrei proprio che fosse l'unica. La guardo senza farmene accorgere
mentre sonnecchia tranquilla, ninnata dal rumore delle rotaie che la
spinge ritmicamente contro la mia spalla, su cui appoggia la testa.
Sarà felice anche lei, immagino, di questa prima vacanza insieme. E'
proprio carina, con i capelli castani raccolti indietro e tenuti da
un elastico, che le incorniciano quel visino da bambina un po'
cresciuta. La sua amica mi piace di gran lunga meno, ma deve piacere
a quell'omaccione del suo ragazzo, non a me.
Non è stato facile
convincere i nostri. Ognuno di noi due ci ha messo del bello e del
buono, ma alla fine ci siamo riusciti.
Ci aspettano tre ore di
treno. Non ho voglia di chiaccherare. Mi accendo la pipa e fumo in
silenzio, con gli occhi chiusi. Ripenso a questi due anni.
Ho avuto parecchia
difficoltà a trovarmi una donna, principalmente perché ero, e sono,
dell'idea che in me non ci sia niente di gradevole e di interessante.
E di fisicamente piacevole, anche se non sono basso nè grasso.
Chissà fra quarant'anni. Questa ragazza però forse ha saputo
leggermi dentro e mi ha accolto con grande gioia. E per questo la mia
riconoscenza è infinita. Non so cosa ci riserverà il futuro, anche
se credo di esserne profondamente innamorato. Infatti non riesco a
trovarle alcun difetto.
E' stata lei che mi ha
proposto questo weekend, cogliendo al volo l'occasione offertale
dalla sua collega. E mi ha anche promesso che faremo qualcosa in due,
qualcosa non ancora fatta insieme. Ho una sciocca paura, se pur
piccola, paura delle cose che non si conoscono bene. Ma so che vicino
a lei tutto si risolverà.
Il treno continua a
cantare la sua monotona canzone, ancora più lentamente, dopo che
siamo scesi a Spezia e siamo saliti sul locale per A.
Finalmente arriviamo a
M., minuscolo paese. Mi ricorda Rio Bo, che è una delle poesie che
ho capito meglio, il paese del cuore. C'è vicino alla casetta
un'aia, con un tacchino gigantesco che ha un'aria profondamente
aggressiva. Questi animali mi hanno sempre fatto paura, sono meglio
nel piatto. Nella casetta ci sono due camere da letto, che sono il
motivo per cui siamo venuti, e un soggiorno con angolo cucina. Non ho
gran voglia di cucinare, ho la testa altrove, ma è evidente. Mi fa
piacere notare che la tv non c'è.
Usciamo con le prime
ombre della sera e il loden ci fa proprio piacere. Propongo un
aperitivo a un bar. Al bar, perché è l'unico del paese, e l'unico
aperitivo che riusciamo a ottenere è un analcoolico in bottiglietta,
di marca non ben precisata, così come il gusto. Gli stuzzichini sono
un oggetto sconosciuto e il sacchetto di patatine che è appeso a una
rastrelliera è ricoperto di polvere. Non cerco la data di scadenza.
Però tutti e quattro ridiamo come degli scemi. La felicità è
tanta, ci contentiamo di essere vicini e soli, e ogni intoppo diventa
un'occasione di divertimento.
Decidiamo di andare dal
macellaio, che è un parente loro: qualcosa bisognerà pur mettere
sotto i denti. La cosa più semplice da cucinare, non mi piace ancora
cucinare, sono le bistecchine di maiale con l'osso, che potranno
essere cotte sulla griglia. Non ho ben chiaro in testa il fumo che
faranno e penso che siano una buona idea. Cipolla e pomodori per la
salsa degli spaghetti, una lattuga. Mele. Vino però un gran fiasco:
mi dicono che il vino qui è buono. Ecco preparato il pranzetto degli
innamorati.
Nella nebbia delle
bistecche Edoardo ci racconta del servizio militare che sta facendo,
con toni e accenti veramente comici. Mi faccio l'idea che, non
ostante la corporatura, non sia proprio l'alpino perfetto, e rido fra
me e me.
Dopo cena le ragazze
sparecchiano e lavano i piatti. Che il fiasco resti lì! E, finito il
rigoverno, spunta un mazzo di carte, un vecchio mazzo di carte, un
po' unto. Cerco di impegnarmi. Noi giochiamo sempre uomini contro
donne. Capirò col tempo che è il paradigma della guerra dei sessi.
Per ora è solo un piccolo gioco per prendersi un po' in giro, con
dolcezza, e chi perde è perché è "fortunato in amore".
Si tratta solo di far arrivare una cert'ora.
E quell'ora arriva, e
l'ansia che la accompagna nei minuti immediatamente precedenti è
tanta. Non riesco a capire cosa lei abbia nella testa e questo mi
preoccupa parecchio. Ma magari lei fa questo stesso pensiero. Il buio
ci aiuterà.
Sotto le coperte,
complice il silenzio della val d'Elsa, si compie questo piccolo rito
con grande partecipazione e un po' di sorpresa, certo, e con l'idea
di essere cambiati, in meglio.
Il tempo ne lascerà un
ricordo un po' fumoso, come attraverso la boccata di una pipa.
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