Siamo
riusciti, dopo lunghe fatiche da parte mia, a terminare la
ristrutturazione questa benedetta casa, e siamo materialmente
"entrati" mercoldì scorso. Per festeggiare ho anche fatto
una teglia di lasagne con i carciofi, come piacciono a lui...
Debbo
dire che non mi ha aiutato granché in questi lunghi mesi, ma del
resto già lo sapevo: da un “artista” non puoi pretender che si
occupi, in maniera costruttiva, di piastrelle e di lavandini.
Ciononostante quest'attico che ho scelto è comunque finito; ho anche
voluto far fare una specie di giardino d'inverno, con un tetto
completamente di vetro che ci permetta di vedere il cielo stellato.
Anche il suo impianto stereo, ci ho messo, che mi ricordo bene di
aver pagato un occhio della testa, mia. Ho ben imparato che a lui
tutto è dovuto, perché chi è pervaso dal “sacro fuoco dell'arte”
non ha né tempo né interesse per niente e per nessuno, figuriamoci
per i ringraziamenti. Per quei quattro scalzacani dei suoi amici il
tempo però lo trova sempre.
Del
resto se rifletto, con calma e con attenzione, su che cosa mi leghi a
quest'uomo, ho difficoltà a capirlo, anche se con me stessa sono
sempre sincera. Quanto tempo è che stiamo insieme? A fatica realizzo
che sono tre anni, e lui si comporta con me come se fossero trenta,
gli anni. Mi tollera appena. Eppure io sento di amarlo con tutto me
stessa. Ho bisogno della sua presenza accanto a me.
Ieri,
in un momento di confidenza, mi ha fatto sentire la sua nuova
canzone, un motivetto basato su un banale giro di do. Me la son fatta
suonare un paio di volte e ci ho anche trovato un riferimento, molto
poco carino, alla mia (ma che con tutto il cuore vorrei che fosse
nostra) nuova casa. E' un'insolenza bella e buona ma da lui non mi
aspetto niente di diverso.
Vado
a cucinare, e che vada a quel paese lui e la sua musica da strapazzo.
Oggi
ho finito questa nuova canzone, che mi covavo nella pancia da mesi.
Non sono molti gli anni che sono passati ma se adesso mi guardo
indietro i cambiamenti sono stati rapidi e sostanziali, e ciò che di
bello vi è nella mia nuova situazione non è comunque riuscito a
riempire quello spazio dell'anima che adesso è ancora, e chissà per
quanto, occupato dai ricordi.
E
questa donna che adesso mi ha in casa sua, donna sfortunata lo
ammetto, non riesce a capire, forse non vuole, questo mondo che mi è
rimasto dentro.
Samiya,
si chiamava. Quanto mi è stata in casa? Due mesi, non di più. Una
bellezza indiana assoluta, che il cielo mi aveva fatto cadere fra le
braccia, E' bastato aiutarla a scendere dal treno e prenderle la
valigia (ma perché ero in stazione?) e offrirle la prima colazione,
seduti al vecchio bar Cavo, di lì a pochi metri.
Nulla
mi ha raccontato del perché fosse lì e nulla le ho chiesto. Mi ha
seguito docilmente a casa (no, non era proprio una casa, era un
abbaino con monolocale retrostante...) e ha vissuto quei due mesi
come una presenza silenziosa, costante, ancorché in certi giorni
sparisse fino a tarda sera.
Giorni
fortunati, quelli, in cui, dopo una cena indegna di questo nome, mi
mettevo sul divano, in cui poi avremmo dormito, e imbracciavo la
chitarra. Lei, alle prime note pizzicate, si accoccolava ai miei
piedi e, ricordando forse la musica del suo paese, mi ascoltava
silenziosa, con una tenerezza che le prorompeva dagli occhi umidi, e
che mi spronava a cercare, con la voce e con la musica, le melodie
che a lei piacessero di più.
Posso
dirlo? Due mesi di paradiso in terra, in cui scrivere musica era
diventato insopprimibile ma facile, e le note uscivano di getto dalla
penna sul pentagramma, quasi senza bisogno di correzioni.
Gli
amici erano curiosi, certo, e vollero capire il motivo di questa mia
sparizione, ma ne furono edotti solo quando lei scomparve per sempre.
Non
posso dimenticarti, piccola Samiya, e ti dedico, ovunque tu sia,
questa semplice canzone, che resterà, per sempre, la nostra canzone.
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