Adoro i centri
commerciali.
Entrambi
condividiamo il piacere di vagare per negozi, allineati secondo un
criterio sconosciuto, e passeggiamo sereni, consapevoli che solo
l'uno per mille di quello che vediamo finirà nei nostri cassetti.
Siamo venuti a P. per ovvi motivi, e questo tenero pomeriggio di
maggio avvolge la sua felicità. Ci stringiamo la mano con forza,
come sempre, anche se l'artrosi non lo permette più come un tempo.
Tranquilli, un poco
sfaccendati.
Lei guarda con
interesse certa lingerie, per niente dozzinale, che a me suscita
fantasie serali.
Giriamo dietro un
pilastro e improvvisamente lo vedo. Sarà distante cinquanta passi.
Sento la pressione salire nelle orecchie. Non riesco a dire una
parola. Il flusso dei pensieri si è sciolto nel vuoto.
Cosa ci fa qui, a
cinquecento kilometri da casa? Forse non mi ha visto. Non è semplice
voltarsi con disinvoltura, mano nella mano, senza dare un violento
strattone.
Lei, ancor prima
dello strattone, percepisce la tensione senza capirne il motivo.
Trattenendo il
desiderio di correre torniamo sui nostri passi.
Mi è sembrato solo,
ma come sempre nulla è come appare. Avrà anche lui fatto
cinquecento kilometri per lo stesso mio motivo?
Chissà cosa avrà
pensato.
La serata mi sembra
rovinata.
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