Il protagonista di questo post è un piccolo dio del male, a suo modo affascinante, anche se spregevole.
Michele è, o si crede,
il dominus della sua famiglia, è il primo dei quattro figli di
Rosalia. E' nato nel 1955. All'interno della famiglia fa e disfa a
suo piacimento i destini degli sventurati che hanno a che fare con
lui. Una famiglia racchiusa da un guscio impenetrabile, una delle
tante famiglie del Belice.
Il benessere degli anni
'60 lo sfiora soltanto attraverso l'immagine distorta che di esso ne
dà la televisione, comunque finestra su un mondo a lui negato e
sconosciuto. E lui ritiene che partecipare di quel benessere, vero o
presunto che sia, sia un suo diritto. Deve prendersi tutto quello che
desidera.
E' sempre stato un figlio
difficile Michele, anche ad ammazzarlo di botte, cosa che suo padre,
prima di morire, ha fatto fin da piccolo, senza riuscire a piegarlo.
Dopo la sua morte Michele è diventato lui, il capofamiglia, anche se
aveva solo diciott'anni.
Un giorno mise gli occhi
sulla figlia di sua sorella, una bambina di nove anni, e lui ne aveva
venti. Da quel momento non ha più avuto un momento di pace: una
fiera in gabbia. E sempre ubriaco. Tutti se ne erano accorti, meno la
bambina. Nessuno ha tentato di proteggerla. Perché avrebbe dovuto
rinunciarci? Del resto lui si era preso sempre tutto quello che
voleva.
Si trattava di aspettare
soltanto il momento giusto, che arrivò un assolato mattino di giugno
del 1982, col silenzio rotto soltanto dalle cicale. Lui non doveva
chiamarla con qualche scusa. La chiamò e basta.
La piccola, stupita
inizialmente da quelle attenzioni, perse a nove anni l'unica cosa che
per lei avrebbe potuto rappresentare una qualche ricchezza. Acquistò
invece un ricordo che con il passare degli anni sarebbe divenuto
sempre più atroce.
Lui non fu certo
impietosito dal pianto muto della bambina. La spogliò con calma ma
senza alcuna delicatezza. In quegli attimi il suo tempo interno
scorreva con una lentezza che centuplicava l'eccitazione.
Dopo la minacciò, anche,
ma la nipote era così sorpresa e avvilita che non ce ne sarebbe
stato alcun bisogno.
Michele cadde per qualche
ora in un torpore che gli impedì di pensare: un attimo prima di
addormentarsi gli balenò nel cervello l'idea che poi non era stato
così piacevole come se l'era immaginato in quei mesi di attesa.
Pazienza. Del resto il padrone era lui, e poteva benissimo
permettersi di fare qualsiasi cosa, comprese le cose che, col senno
di poi, non gli sarebbero piaciute tanto.
Passano otto anni.
Quella buttana di mia
sorella Caterina ha lasciato il marito ed è andata a fare la pastora
con Paolo, il marito dell'altra nostra sorella. Che siano maledetti.
Per colpa loro non posso più andare alla cantina a giocare alle
carte. Tutti mi guardano senza dire niente e si guardano fra loro con
certe occhiate che mi fanno impazzire. Voglio entrare all'osteria a
testa alta, io. Tutti mi devono portare il rispetto che mi è dovuto.
Devo punirli. Oltretutto
quella troia vuole portare la figlia dal ginecologo e potrebbe
saltare fuori anche quella storia vecchia. Anche mio fratello
Giuseppe è incazzato: quell'uomo di merda non doveva lasciare nostra
sorella Francesca, ha disonorato tutta la nostra famiglia. Quei soldi
che Giuseppe ha dato a Caterina se li godrà anche lui.
Domani io e Giuseppe
metteremo fine a questa vergogna. Tutti dovranno capire che la mia
famiglia va rispettata.
Stamattina c'è silenzio
qui intorno all'ovile. Fra un po' il sole sorge, loro staranno
radunando le pecore per farle uscire dall'ovile. La mia testa è
completamente vuota. So solo che domani tutti si leveranno il
cappello al mio passaggio.
Eccoli! Sono entrambi un
po' assonnati, non ci hanno visto.
E non ci vedranno più.
Alla schiena li abbiamo presi, e sono caduti senza neanche avere il
tempo di guardarsi. Che siano di esempio per tutti quelli che
vogliono violare la legge della famiglia. E che se li mangino i cani.
Torniamo in paese sulla
Panda senza dire una parola. Stiamo già cercando di dimenticare.
Ma che minchia vuole
questo signor giudice? Come si permette di entrare in cose che non lo
riguardano e che non capisce? Son passati vent'anni, era stato
archiviato tutto. Sarà stata quella buttana di Enza, del resto
trenta anni fa gli era piaciuto anche a lei, ne ero sicuro. Anche lei
avremmo dovuto ammazzarla. Tanto non c'erano testimoni e se anche ci
fossero stati nessuno avrebbe avuto il coraggio di dire una parola
una. Questa è la mia famiglia e qui io sono bene e male. Nessuno può
permettersi di giudicare quello che decido per la mia famiglia.
Figuriamoci il signor giudice. Mi ha persino chiamato per
interrogarmi, quel cornuto.
E stamattina alle quattro
sono venuti a prendermi e mi hanno portato in cella di sicurezza. Che
dio li maledica. Dovrò anche spendere i soldi dell'avvocato. Ma non
possono farmi niente, non a me.
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