In genere quando butti
via qualcosa hai il timore che presto finirai per averne impellente
bisogno.
Ma non è questo il
punto.
Nella vita attraversi
periodi che, relativamente alle cose, puoi ben definire "di
accumulo" ovvero "di liberazione". Ci hanno insegnato
che le cose non hanno valore, che è meglio "essere"
piuttosto che "avere", senza dirci che se "avere"
è un verbo così importante da fungere da ausiliare ci dovrà ben
essere un motivo.
Le fasi di accumulo e di
liberazione seguono un andamento ciclico, come la ben nota curva
sinusoidale, che mi ha sempre ricordato il simbolo della femminilità,
la rotondità perfetta. E così come la curva, che all'apice del suo
percorso ridiscende inesorabilmente, anche per te arriva il momento
in cui senti con estrema urgenza la necessità di disfarti delle cose
che hai accumulato, e, non rendendoti conto della vera motivazione,
la chiami "mattinata in cui dovrò fare un po' di ordine".
Perché ti illudi che fare ordine nei cassetti, cosa relativamente
semplice, corrisponda, per facilità e possibilità, a fare ordine
anche nella tua piccola esistenza, minuscola goccia nel mare della
vita, per te comunque così rilevante.
E allora incominci, non
di buona lena, ma comunque cominci, e una parte della tua voglia è
certamente animata dalla curiosità.
Apri il primo cassetto e
ci butti un'occhiata ancora svogliata: ogni cosa che tocchi, anche le
pile vecchie, non può fare a meno di ricordarti qualcosa o qualcuno,
solo per poche ricordi anche l'occasione in cui è finita nel
cassetto.
I tappi dello champagne
con la data scritta sopra. Almeno otto. Nel momento in cui hai
scritto la data avevi la certezza che sarebbe bastato leggerla per
ricordare quel giorno, e adesso quei numeri ti guardano e ti
interrogano, e tu ti sforzi, ma non c'è verso.
Tappi dello champagne:
via!
Oggi mi comprerò sei
bottiglie di quello buono: la mia unica fortuna è l'amico in banca
che mi permette lo scoperto a un livello "troppo giusto".
C'è anche il cassetto
"della posta": moduli, carta da lettera, una marea di
buste: e dire che non ho mai scritto volentieri le lettere. Mio
padre, per non sfigurare con la mamma, vecchia maestra, me le
dettava. Poi c'è stato il periodo delle lettere d'amore, certo.
Adesso tutto lo scritto viene immediatamente trasformato in pacchetti
di bit, e devi scrivere in fretta, e soprattutto non ti puoi
correggere. Devi pensare velocemente.
Moduli postali e buste da
lettera: via!
Fumo. Basta la parola e
pensi a tutti gli anni che ti sei letteralmente fumato, e a quello
che significa per te avere una sigaretta in mano, e se pensi a te
stesso riesci a pensarti solo con la sigaretta in mano. E' molto più
forte di te. Sai che ci potranno essere periodi, anche lunghi, in cui
ne farai a meno, ma finirà che ritornerai sempre da lei, che ti
chiede solo la salute, ma poca per volta.
C'è stato un periodo in
cui mi ero illuso che usare la pipa potesse essere un buon surrogato.
Mi sono capitati in mano nettapipe arrugginiti, scovolini polverosi e
qualche pipa, più brutta delle altre, che non aveva il diritto di
essere esposta in bella vista assieme alle altre, tutte adesso
ricoperte da un velo, ex non usu.
Attrezzi per la pipa:
via!
Nascosta bene, in fondo a
un cassetto, c'è una cosa, legata a una superstizione terribile, che
non può essere toccata ma solo controllata di tanto in tanto.
Quando sono stato malato
le statistiche mi davano una overall survival del 50% a 5 anni. Che,
detto in soldoni, vuol dire (scusatemi il bisticcio) tirare la
moneta. Testa resti, croce parti.
Adesso lo racconto con
una certa levità ma esserci "dentro" era diverso. Ti devi
attaccare a qualcosa, a qualsiasi cosa. E la cosa è il flacone di
profumo che hai nascosto nel cassetto. Come noto il profumo evapora,
come stava facendo la vita in quel momento, e allora tu lo chiudi
più bene che puoi, lo sigilli, gli metti un doppio tappo, e gli dai
la capacità di dirti che quando sarà svuotato anche la tua vita
sarà finita. Gente più o meno famosa ha avuto la stessa malattia,
qualcuno ce l'ha fatta e qualcuno no. Ma è ovvio che dipende solo
dall'anno in cui si sono ammalati. Don Lorenzo Milani si è ammalato
troppo presto.
Il flacone poi mi
permette di pensare di essere così completamente padrone della vita
da poter decidere di interromperla nella maniera più semplice,
buttandolo giù dalla finestra.
Come l'ultimo pacchetto
di sigarette, semi pieno. Fino alla prossima.
Nessun commento:
Posta un commento