Bianca ed Oscar si
erano conosciuti quasi cinquanta anni prima.
Lei non lo ricordava
ma il primo incontro era stato sulla Terrazza Martini, a fianco delle
guglie del Duomo: si presentava il libro di un safari fotografico in
Botswana fatto da un avvocato alle prime armi, loro comune amico.
Durante il cocktail
lui, anche se sposato da alcuni anni, aveva notato quella donna che
rubava la scena all'avvocato, circondata da una piccola folla
vociante, cui restituiva incantevoli sorrisi. L'occhiata che lui le
lanciò, non furtiva, tornò indietro più di una volta. Verso la
fine della serata, seduti sugli sgabelli del bar, cominciarono a
parlarsi e scoprirono le prime delle tante cose che avevano in
comune. Oscar ricordava bene di avere in mano un Irish Coffee. Era un
inverno milanese freddissimo e gli era sembrato naturale offrirsi di
accompagnarla a casa, cosa che lei aveva sperato dal primo momento.
“A presto” le disse, lasciandola di fronte al portone. Lei gli
sorrise in silenzio e rientrò in casa dove il padre la aspettava.
Oscar faticò non
poco a trovare il suo numero di telefono, sapeva solo che si chiamava
Bianca e dove abitava. Dopo due giorni la invitò a cena.
Furono anni intensi,
segnati dall'incapacità di lui di lasciare la moglie e costellati da
numerose difficoltà, ma resistettero. La loro relazione era sempre
vitale, non foss'altro per l'intensità della impotenza e della
disperazione che spesso si creava fra di loro. Ma il volere il bene
dell'altro, pur con le limitazioni legate alla situazione, prevaleva
sempre. Lui non era capace a lasciare la famiglia e lei non
comprendeva che ciò non significava volerle meno bene.
Nel 2013 lui rimase
vedovo. Finalmente era arrivato il momento e Bianca si vergognò di
essere felice. Non aveva fatto i conti con il figlio di lui che, motu
proprio, decise di farlo ospitare da una casa di riposo. Fu colta di
sorpresa, sia perché lo riteneva un uomo ancora in gamba sia perché
non immaginava che il figlio potesse arrivare a tanto.
Qualche sabato
pomeriggio andava a trovarlo ma quell'ambiente le metteva addosso un
disagio e una malinconia insopportabili. Il suo Oscar... sembrava
regredito a uno stato primitivo e bestiale. Una volta provò persino,
ridacchiando, a mettergli una mano in mezzo alle gambe, ma non ebbe
alcun riscontro.
Facendosi aiutare da
Sara e Jole una mattina di giugno e, con la scusa di una passeggiata
nel parco vicino, lo rapirono.
Il figlio di Oscar,
pur sapendo dove era il padre, si limitò a una doverosa denuncia
ai Carabinieri, ben contento di quella nuova sistemazione che gli
permetteva, alla fine del mese, di fare la cresta sulla pensione di
suo padre.
Finalmente, dopo
anni potevano vivere insieme. Per Bianca era gioia pura e lui, dopo
mesi di istituzionalizzazione, ricominciava a prendere coscienza di
sé stesso. Dormire tutte le sere abbracciati... una cosa così
desiderata che non le sembrava neanche reale. Era successo, anche se
non doveva considerarlo un premio per l'attesa così lunga. Era
successo e basta.
Fu in quel periodo
di felicità che Bianca commise uno sbaglio: desiderò di sposarlo.
Lui, quando gliene
parlò, non fece obiezioni. Non vedeva bene il senso di quella
mascherata ma in quel momento prevalse la considerazione che era cosa
a cui lei teneva molto.
Bianca organizzò
tutto come se avessero avuto venti anni: pubblicazioni,
partecipazioni, anche un rinfresco in un locale dove il venerdì sera
l'età massima era diciotto anni e il fumo degli spinelli annebbiava
la vista. Si fece preparare dal sarto un completo adatto alla sua età
ma comunque bianco. Troppo aveva aspettato.
Il giorno prima
dell'avvio delle danze Oscar cambiò idea.
Panico, timore che il
suggello del matrimonio potesse portare male al loro amore. Paura di
ricominciare vedendosi prossimo alla morte. E tante altre paure e
riflessioni, che pur non raggiungendo il livello della coscienza,
avevano condizionato questa decisione.
A Bianca toccò
l'onere di disdire tutto. L'abito restò nella scatola, bianca anche
essa, in cui era stato consegnato.
La delusione sfociò
in una telefonata al figlio di lui: “Hai ventiquattro ore per
venirtelo a riprendere. Dopodiché lo metto fuori della porta”.
“Piuttosto sola che con un uomo di pezza”, pensò piangendo.
Lui non aveva più
spiccicato parola e quando arrivò il figlio si fece docilmente
condurre via, come un vitello alla cavezza.
Questa volta nessuno
riuscì a sapere dove Oscar era andato a finire: il telefonino gli
venne sequestrato dal figlio. Probabilmente fuori città; nessuno
degli amici comuni riuscì a farsi dire dove era stato nascosto.
Bianca, sopraffatta
dal rimorso, dopo alcuni mesi sprofondò in un'apatia priva di ogni
emozione, riempita soltanto di quel periodo in cui avevano vissuto
insieme. Non le interessava più nulla. Non avrebbe neanche più
saputo dire quanto tempo lui era stato nella sua casa.
Lei e gli amici
appresero dove era stato rinchiuso solo dopo averlo letto nel
necrologio, dove lei ovviamente non figurava.
Nessun commento:
Posta un commento