Ho
56 anni, cazzo!
Pensavo
di avere un discreto lavoro, nulla di speciale, per carità, ma
almeno quanto mi bastava per mantenermi, e per concedermi di tanto in
tanto qualche svago.
Quando
è stato il momento non ho voluto studiare e quando ho capito che mi
sarebbe servito non è stato più il momento. Mia madre sarebbe stata
anche disposta a lavare qualche scala in più. Quando è morta ho
dovuto tirarmi su le maniche. La cosa meno schifosa che ho trovato è
stato un posto di impiegato in una ditta che fa, che faceva, tetti in
legno. Con quello che guadagnavo non ho neanche trovato una donna
disposta a sposarmi, mi sarebbe piaciuto molto avere una famiglia.
Sono rimasto scapolo e, giorno dopo giorno, anche questo desiderio è
diminuito. Sono rimaste soltanto rare serate in città, in quella
casa da cui esci con la bocca cattiva.
La
settimana scorsa il ragioniere mi ha chiamato, comunicandomi che le
commesse sono talmente poche che la ditta non può più permettersi
di mantenermi, per cui fra quindici.giorni dovrò alzare i tacchi.
Con tanti ringraziamenti. Non ho neanche avuto voglia di dirgli
qualcosa, qualsiasi cosa. L'unico pensiero che mi frullava per la
testa è stato come avrei fatto a pagare l'affitto. Non penserete
mica che avessi dei risparmi, magari nascosti dentro una scatola di
caramelle vecchie. Tanta è stata la preoccupazione che non ho
mangiato per tre giorni, fino a quando non ho trovato un altro
lavoro.
Andrò
a fare, senza contratto, il cameriere stagionale, in un rifugio a
duemila metri. Mi è stato chiesto se lo sapevo fare: ho mentito,
dicendo che avevo fatto una stagione al mare, quando ero giovane. La
persona davanti a me ha fatto finta di crederci. Mi pagheranno a
settimana, duecento euro, fino a marzo, aprile forse, a seconda di
quanta neve rimarrà sui campi da sci. Poi si vedrà. Orario di lavoro:
9-17. Non è poi cosi' male. Oggi è giovedì, si parte lunedì.
Sono
stato bravo a passare da un lavoro ad un altro senza perdere neanche
un giorno di paga, ma non mi sento per niente contento, e sono
vagamente preoccupato. Mentre mi faccio la barba prima dell'ultima
visita in città (e che mi sia di buon augurio), vedo nello specchio
del bagno, anche se in penombra, un uomo invecchiato, che non
riconosco, con i capelli quasi bianchi e un paio di occhiali da poco,
che ha perso ogni voglia di sorridere.
Vabbè
dai, lunedì si parte.
Martedì
mi sfiora il desiderio di buttarmi giù dalla seggiovia che mi porta
in quota: non è difficile, basta slacciarsi.
Sono
finito direttamente nell'anticamera dell'inferno. Quando arrivo alle
nove del mattino mi sembra ancora di avere a che fare con degli
esseri umani, ciao Gianni, fatti un caffè. Non sono antipatici,
forse fuori di lì ci potresti bere una birra insieme. I lavori da
fare sono tanti, e io cerco di farli con la massima diligenza: non mi
piace che mi si trovi da dire. Scopo la terrazza, pulisco i tavolini,
dispongo le seggiole in bell'ordine, metto i cuscini. I clienti a
quell'ora sono pochissimi, c'è uno col computer che ogni mattina si
siede e fa finta di lavorare, ma non fa altro che guardarsi intorno.
Strano tipo. Verso le undici l'attività incomincia a farsi più
concitata. Qualche sciatore arriva, bisogna fare i panini, portare
birre ai tavoli. Quasi senza accorgermene incomincio a girare senza
posa fra i tavoli, con un vassoio pieno fra le mani, sia andando in
cucina sia andando in sala. La gente aumenta, devo fare lo slalom fra
bambini vocianti, genitori in fila al self service, gente che mi
chiama gridando. Non sono l'unico cameriere ma ogni chiamata mi fa
sobbalzare. Il cuoco è un pazzo, anche lui mi grida di tutto e io
devo correre a prendere i piatti perchè non si raffreddino: riesce a
farmi paura. Due ore di marasma, nelle quali non so più chi sono e
il mio lavoro consiste soltanto nel soddisfare il maggior numero
possibile di clienti, scegliendoli fra quelli che gridano di più.
Solo verso le tre tutto rallenta, e riesco fumarmi il mio mezzo
toscano. Mi sento stanco anche dentro, e tutta questa gente non fa
altro che ricordarmi che sono solo. Torno a casa e mi butto davanti
alla televisione.
Devo
prendermi un gatto.
3 marzo 2012
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