Per
quei pochissimi giorni il nostro amore era stato incredibile.
Ricordo
con precisione le sensazioni di quei mesi – anche se non ricordo
quanti – in cui gli scambi di mail diventarono via via più
frequenti e personali, fino ad arrivare a condividere fatti e notizie
in sé banali, utili soltanto a far accendere quel pallino verde nel
computer.
Ricordo
anche quel giorno in cui, per nulla titubante, mi invitò a prendere
un caffè a casa sua. Gli slip erano color carne.
Mi
mandò a quel paese quando le dissi che c'era anche un'altra, a pochi
isolati dal suo attico. Pretendeva qualcosa che io non posso dare a
nessuna.
Mi
sbuca improvvisamente di fronte questo pomeriggio, nella terrazza
panoramica della Tour Montparnasse.
Devo
stare due giorni a Parigi per cenare con un funzionario del ministero
della Difesa e proporgli la mia mercanzia: venti carri armati,
pressoché nuovi, dismessi dall'esercito del Senegal. L'esercito
francese ne è sempre carente, e il prezzo è interessante. Prima di
cena ritaglio due ore tutte per me e vengo qui ad ammirare la Ville
Lumière al tramonto, tanto per svuotarmi il cervello.
Me
la vedo uscire dall'ascensore, così vicina da non poter far finta di
non vederla: adesso ho altri ami a cui voglio stare dietro...
“Ciao!”,
ha lo stesso sorriso dolcissimo, quello di cui mi ero innamorato. Si
mette al mio fianco e, dopo un attimo, cerca la mia bocca. E' sempre
riuscita a stupirmi. Ha due anni più di me ma il calore della sua
lingua è quello della prima ragazza che ho baciato. “Stringimi
forte!” mi sussurra a un orecchio. “Ma dove cazzo eri finita,
brutta stronza!” mi verrebbe da dirle, ma non mi fa parlare.
Si
stacca bruscamente tenendomi la mano, poi la lascia.
Va
incontro a un uomo appena uscito dall'ascensore, certo più vecchio
di me. “Quanto hai impiegato ad arrivare , tesoro!!” cinguetta
“Ho perso tempo per comperarti questo”. E tira fuori dalla tasca
un pacchetto. Sono abbastanza vicino da riconoscere sulla carta il
logo di Cartier. L'avrà comperato a Place Vendôme,
il vecchio.
Vorrei
aspettare per vedere cosa c'è dentro ma mi infilo dentro l'ascensore
e scappo, con la coda fra le gambe e il dubbio di avere sognato. Ma
ho una piccola ferita nel labbro.
Stasera,
dopo la cena d'affari, me ne andrò a Pigalle.
Nessun commento:
Posta un commento