Il Calvados aveva fatto il suo
effetto: Giuseppe giaceva sul divano, con la gambe allargate ad
accogliere il gatto. Russava, a tratti, e l'Orco,
impossibilitato a dormire,
lo guardava sorridendo.
"Dove ho già visto questa
donna? Mi sorride come se mi conoscesse bene e anche a me sembra di
conoscerla, ma non saprei proprio dove metterla.
Mi prende la mano e mi fa cenno
di seguirla. Non faccio fatica ad obbedirle: è bellissima. La sua
stretta mi trasmette una piccola scossa. Mi conduce dolcemente per
questo corridoio pieno di luce. Camminiamo insieme in silenzio. Odo,
immagino alla fine del corridoio, un sommesso scrosciare d'acqua,
sempre egualmente lontano nonostante il nostro procedere.
Le guardo il volto, sempre più
sconosciuto e sempre più familiare. E' più alta di me, e la sua
stretta è forte. I miei occhi sono all'altezza del suo seno, coperto
solo da una camicia di garza azzurro mare, sotto la quale indovino
due capezzoli duri e scuri.
La sua stretta mi trasmette con
forza il desiderio di essere posseduta. Proseguiamo, ma lo scroscio
d'acqua è sempre lontano, se pur ben riconoscibile, in questo
corridoio infinito che mi dà un senso di serenità profonda.
A un tratto mi ferma e si siede,
trascinandomi, con la schiena appoggiata alla parete. Forse siamo in
un albergo? Non vedo porte.
Sento le sua labbra mordermi
l'orecchio e mi volto. Ho la bocca davanti alla sua e vi introduco
la mia lingua, subito risucchiata con violenza tale da farmi male.
Non mi domando più chi sia questa donna, cerco di non pensare a
nulla che non sia il piacere che stiamo scambiandoci. Voglio vederli,
questi capezzoli, sommità di un seno perfetto. Lei ha gli occhi
chiusi, e il respiro è superficiale, un poco affannato. Eccoli, tali
e quali a come me li ero immaginati. Non voglio toccarli con le mani:
solo baci, con la recondita intenzione di far stare tutto quel seno
dentro la mia bocca. Lei inarca leggermente la schiena. La camicia
azzurra non c'è più e la moquette blu su cui siamo sdraiati è
morbida come gommapiuma. Non so perché ma non ho nessun timore che
arrivi qualcuno. Anche gli slip volano, non levati dalle mani. Adesso
è stesa davanti a me, che aspetta senza fretta.
La mia attenzione è colpita da
un mobiletto al mio fianco, a cui prima (ma quanto prima??) non avevo
fatto caso, con l'anta socchiusa. C'è dentro un vaso con un profumo
meraviglioso di vaniglia. Come obbligato da un richiamo incomincio a
spalmarla di questa crema profumata, fresca, come l'acqua della
sorgente che continuo a udire. E ad ogni spalmata segue una
meticolosa leccata. Buona questa crema! Sembra yoghurt.
Inavvertitamente le sfioro il sesso, caldo e umido. Non perdo
l'occasione per rinfrescarlo con lo yoghurt.
Adesso sono sopra di lei, a
cavalcioni del suo torace. Le verso senza più ritrosia tutta la
crema addosso, distribuendogliela sopra ogni piega, tenendone solo un
poco, in cui intingerò il mio, di sesso, che è all'altezza del suo
seno, che è immerso nel suo seno. Quanto tempo è che andiamo
avanti così? Ogni poco lei piega la testa e cerca di acchiapparlo al
volo con la bocca, in un gioco che non vuole finire. A un tratto lei
si ferma e incomincia a sorridere, e poi a ridere in maniera sempre
più sgangherata, incomprensibile ma contagiosa, e il desiderio di
penetrarla diventa allora l'esclusivo pensiero, di schiacciarla con
il mio corpo e di tenere fra le braccia quella testa di capelli
scuri, affogandoci dentro il mio parossismo. Nel momento in cui la
penetro lei stringe con forza le gambe, e il mio piacere decolla.
Adesso la moquette è diventata
qualcosa di liquido, che accompagna dolcemente il nostro andirivieni,
ritmato, del quale nulla possiamo capire, soprattutto quando sia
cominciato né se possa mai finire. Non ho più la percezione di me
stesso e non ho più la percezione di questa donna che è intorno a
me, che non è più un altro da me ma fa parte ormai della mia
unicità.
Impercettibilmente, sento
che incomincia a guidare lei. I nostri corpi sono avvolti dal sudore
e dallo yoghurt, sottile membrana aderente ma su cui scivoliamo con
sicurezza. Grazie alle sue spinte sento il desiderio ricoprirmi ogni
centimetro di pelle: non penso che durerò ancora molto, anche perché
i suoi sospiri si stanno trasformando in grida lamentose, laceranti,
che rimarcano il mio silenzio. Ma non è che io non godo:
semplicemente non riesco a dare voce al mio godimento.
Finalmente, stringendoci con
forza le mani, arriviamo entrambi a quel punto che era già nella
nostra mente prima di partire, e un lunghissimo bacio ne è il
traguardo.
Adesso anche lei tace.
Nessun commento:
Posta un commento