sabato 22 giugno 2013

La première fois

Siamo in treno, finalmente. Sono le due meno un quarto e il treno, con una lentezza esasperante, inizia la sua marcia. E' un sabato di novembre splendido, e non solo per il sole, che ha la dolcezza dell'autunno. Saliamo su una carrozza un po' vecchiotta, la littorina con i sedili in legno e la fila di porte per uscire. Io, lei e i nostri due amici. E soprattutto i nostri 19 anni.
Andremo a casa loro per questo week-end, in campagna, in val d'Elsa, dove uno dei due ha la casa dei nonni. Non ricordo neanche chi dei due nostri amici sia il padrone di questa casa. Ci hanno detto che è un posto proprio carino ma, ovviamente, potrebbe essere anche l'inferno in terra che non me ne curerei granché.
Non posso proprio dire di essere stanco. Al contrario del mio amico Franco, che fa il lavapiatti al ristorante, io studio, con i modi e ritmi che mi sono più consoni. Sarà per questo che l'anno scorso non sono riuscito a dare tutti gli esami. Lui il sabato dorme tutto il giorno, è l'unico giorno di riposo concessogli dal patron. Ma non si lamenta. Cerca solo di recuperare le forze. La nostra distanza sociale non ci impedisce di essere grandi amici, anche se non ci vediamo molto. Io poi ho questa ragazza che mi porta via il 99% del mio tempo libero. E debbo dire che ne sono estremamente felice.
E' la mia prima ragazza e vorrei proprio che fosse l'unica. La guardo senza farmene accorgere mentre sonnecchia tranquilla, ninnata dal rumore delle rotaie che la spinge ritmicamente contro la mia spalla, su cui appoggia la testa. Sarà felice anche lei, immagino, di questa prima vacanza insieme. E' proprio carina, con i capelli castani raccolti indietro e tenuti da un elastico, che le incorniciano quel visino da bambina un po' cresciuta. La sua amica mi piace di gran lunga meno, ma deve piacere a quell'omaccione del suo ragazzo, non a me.
Non è stato facile convincere i nostri. Ognuno di noi due ci ha messo del bello e del buono, ma alla fine ci siamo riusciti.

Ci aspettano tre ore di treno. Non ho voglia di chiaccherare. Mi accendo la pipa e fumo in silenzio, con gli occhi chiusi. Ripenso a questi due anni.
Ho avuto parecchia difficoltà a trovarmi una donna, principalmente perché ero, e sono, dell'idea che in me non ci sia niente di gradevole e di interessante. E di fisicamente piacevole, anche se non sono basso nè grasso. Chissà fra quarant'anni. Questa ragazza però forse ha saputo leggermi dentro e mi ha accolto con grande gioia. E per questo la mia riconoscenza è infinita. Non so cosa ci riserverà il futuro, anche se credo di esserne profondamente innamorato. Infatti non riesco a trovarle alcun difetto.
E' stata lei che mi ha proposto questo weekend, cogliendo al volo l'occasione offertale dalla sua collega. E mi ha anche promesso che faremo qualcosa in due, qualcosa non ancora fatta insieme. Ho una sciocca paura, se pur piccola, paura delle cose che non si conoscono bene. Ma so che vicino a lei tutto si risolverà.
Il treno continua a cantare la sua monotona canzone, ancora più lentamente, dopo che siamo scesi a Spezia e siamo saliti sul locale per A.
Finalmente arriviamo a M., minuscolo paese. Mi ricorda Rio Bo, che è una delle poesie che ho capito meglio, il paese del cuore. C'è vicino alla casetta un'aia, con un tacchino gigantesco che ha un'aria profondamente aggressiva. Questi animali mi hanno sempre fatto paura, sono meglio nel piatto. Nella casetta ci sono due camere da letto, che sono il motivo per cui siamo venuti, e un soggiorno con angolo cucina. Non ho gran voglia di cucinare, ho la testa altrove, ma è evidente. Mi fa piacere notare che la tv non c'è.
Usciamo con le prime ombre della sera e il loden ci fa proprio piacere. Propongo un aperitivo a un bar. Al bar, perché è l'unico del paese, e l'unico aperitivo che riusciamo a ottenere è un analcoolico in bottiglietta, di marca non ben precisata, così come il gusto. Gli stuzzichini sono un oggetto sconosciuto e il sacchetto di patatine che è appeso a una rastrelliera è ricoperto di polvere. Non cerco la data di scadenza. Però tutti e quattro ridiamo come degli scemi. La felicità è tanta, ci contentiamo di essere vicini e soli, e ogni intoppo diventa un'occasione di divertimento.
Decidiamo di andare dal macellaio, che è un parente loro: qualcosa bisognerà pur mettere sotto i denti. La cosa più semplice da cucinare, non mi piace ancora cucinare, sono le bistecchine di maiale con l'osso, che potranno essere cotte sulla griglia. Non ho ben chiaro in testa il fumo che faranno e penso che siano una buona idea. Cipolla e pomodori per la salsa degli spaghetti, una lattuga. Mele. Vino però un gran fiasco: mi dicono che il vino qui è buono. Ecco preparato il pranzetto degli innamorati.
Nella nebbia delle bistecche Edoardo ci racconta del servizio militare che sta facendo, con toni e accenti veramente comici. Mi faccio l'idea che, non ostante la corporatura, non sia proprio l'alpino perfetto, e rido fra me e me.
Dopo cena le ragazze sparecchiano e lavano i piatti. Che il fiasco resti lì! E, finito il rigoverno, spunta un mazzo di carte, un vecchio mazzo di carte, un po' unto. Cerco di impegnarmi. Noi giochiamo sempre uomini contro donne. Capirò col tempo che è il paradigma della guerra dei sessi. Per ora è solo un piccolo gioco per prendersi un po' in giro, con dolcezza, e chi perde è perché è "fortunato in amore". Si tratta solo di far arrivare una cert'ora.
E quell'ora arriva, e l'ansia che la accompagna nei minuti immediatamente precedenti è tanta. Non riesco a capire cosa lei abbia nella testa e questo mi preoccupa parecchio. Ma magari lei fa questo stesso pensiero. Il buio ci aiuterà.
Sotto le coperte, complice il silenzio della val d'Elsa, si compie questo piccolo rito con grande partecipazione e un po' di sorpresa, certo, e con l'idea di essere cambiati, in meglio.

Il tempo ne lascerà un ricordo un po' fumoso, come attraverso la boccata di una pipa.  



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