Tom restò per un
attimo a bocca aperta. Non ci credeva, non poteva essere possibile.
Non capiva come fosse possibile. Non era mai successo e avevano
fondato tutta la loro vita sul fatto di essere soltanto in due.
Niente pannolini.
«Ma
è meraviglioso!»
balbettò.
«Sai
che io sono precisa come un orologio svizzero.»
«Sono
felice» le disse, dandole
improvvisamente le spalle.
Questo cambiamento,
inatteso, lo irritava.
Fino a quel giorno
avevano girato in lungo e in largo il Midwest, con quella macchina un
po' scassata, la “loro” macchina. Tom era un rappresentante di
amido per il bucato e, se voleva guadagnare qualche dollaro doveva
girare senza posa. Tanti kilometri tanti dollari. Scarlett si era
adattata a quella vita vagabonda, l'aveva fatto con amore. Stare in
macchina tutto il giorno aveva il suo fascino, fatto di libertà e di
lunghe strade vuote.
Scarlett era il
soprannome che le aveva dato lui la prima volta che l'aveva vista
uscire da scuola, con un rossetto di un colore così acceso che
l'aveva fatto fremere di desiderio. Avevano tutti e due tredici anni.
L'ostetrico a cui si
rivolsero aveva l'aspetto e i modi di un veterinario ma fu il primo
che trovarono. La visitò con così poco garbo che la fece gridare:
Tom gli avrebbe tirato due ceffoni. «Cara
Signora, per la conformazione del suo utero le consiglio vivamente un
riposo assoluto. Per lei il rischio di abortire è alto.»
Uscirono dallo studio piangendo: questa notizia mandava a monte
tutta la loro vita. E anche i venti dollari che avevano dovuto
sborsare non li avevano messi di buon umore.
Si trattava di
trovare un albergo, perché non avevano una casa: la macchina era la
loro casa. Lui avrebbe continuato a girare in macchina, ancora di
più, per poterle pagare la stanza.
Scarlett continuava
a piangere in silenzio. Aveva una voglia terribile di una Camel senza
filtro ma il medico era stato categorico: «Le
sigarette le dimentichi.»
Si era dimenticato, forse, di dirle che anche l'alcool fa male al
feto.
L'albergo lo
trovarono nel Nebraska, a Battle Creek. Il Norfolk Country Inn non
era una topaia ma aveva comunque un sentore di tristezza. Poco meglio
di un motel. Appena entrato Tom notò sul copriletto una bruciatura
di sigaretta. L'odore delle camere era quello dell'insetticida. Una
televisione su di un tavolino ai piedi del letto matrimoniale, troppo
piccolo. Un bagno angusto, con mattonelle bianche opache. La prima
notte dormirono insieme, dopo aver comperato una cassetta di birra ed
essersela finita, una bottiglia dopo l'altra, guardando il David
Letterman Show. Non ebbero rapporti sessuali, cosa per loro
abbastanza inconsueta.
La mattina dopo
Scarlett fu svegliata dalla luce che filtrava dagli avvolgibili. Lui
era già uscito, evitando a entrambi un saluto spiacevole. Sapeva che
per qualche giorno non l'avrebbe rivisto e pianse, ancora coricata.
Si alzò per andare a cercare una birra.
Nello specchio del
bagno, nuda prima di entrare nella doccia, si guardò di sfuggita. La
rotondità della gravidanza non si vedeva ancora.
Uscì dalla camera
con indosso solo l'accappatoio, e un asciugamano verde avvolto sulla
testa a mo' di turbante. Gli occhi, di quello stesso colore,
brillavano sul viso candido. Albrecth, l'albergatore, ne fu
impressionato.
Aveva ereditato
l'albergo dal padre, che negli anni dieci era emigrato in America
dalla Germania, con l'illusione di trovarvi una vita più agiata.
Dopo trenta anni passati in quell'albergo, e facendovi tutte le
mansioni possibili, il proprietario, non avendo nessun erede, glielo
aveva venduto per una cifra simbolica: era contento che il suo
albergo non finisse in mani estranee. Il padre di Albrecht aveva
continuato a fare la stessa vita, ma da padrone. Ma per poco: dopo
pochi mesi era morto, lasciando tutto a quello scioperato del figlio.
«All'una
le serviremo il lunch in sala da pranzo»
le rispose. «Gradisce
qualcosa di particolare?»
«Una
bistecca con patate. E la birra.»
La bistecca gliela
aveva consigliata l'ostetrico.
Quel giorno era
l'unica cliente e Albrecht aveva notato che l'uomo che era arrivato
con lei se ne era scappato prima delle sette. Appetibile, anche se il
voluminoso accappatoio di spugna ne confondeva le linee del corpo.
Chissà se aveva i capelli rossi. Le sarebbe saltato addosso subito
ma decise che ci avrebbe provato dopo il lunch. Poteva anche essere
una conquista molto agevole.
«Prego,
si accomodi» le disse quando arrivò in sala, e le spostò la sedia
per aiutarla a sedere. Un paio d'anni di scuola alberghiera li aveva
fatti, prima di farsi cacciare, e aveva imparato che fare il
cameriere è prima di tutto essere accogliente con i clienti. Con le
clienti.
Finita la bistecca,
mentre lei si alzava per andare al banco del bar a prendere un'altra
birra, lui le sfiorò un seno con l'avambraccio peloso, con un gesto
insieme malizioso e noncurante. Scarlett ne fu turbata: non le era
mai successo che un altro uomo le dimostrasse interesse: era sempre
con Tom. Decise che al prossimo gesto analogo uno schiaffone sarebbe
stat risposta adeguata. Figuriamoci se poteva permettere a quel
giovanotto alto e biondissimo – non sembrava neanche un americano -
di prendersi certe libertà. E poi, non in quello stato.
Ci volle un mese,
per accoglierlo nel letto, una sera che aveva bevuto troppa birra.
Tom in quel mese si
era fatto vedere solo due volte. Tutte e due le volte il sesso fra
loro era cambiato. Lei pensava che lui, consapevole del suo stato,
fosse diventato più delicato. Lui aveva perso ogni interesse: il
silenzio fra loro lo testimoniava. Tom aveva bisogno di scopare quasi
ogni giorno: era per lui una valvola di scarico. Aveva infatti
frequentato un sacco di prostitute e aveva fatto anche dei paragoni.
Alcune a letto erano certamente meglio di Scarlett. Era arrabbiato,
perché quel figlio li aveva distaccati nella loro intimità. Ma non
era stato capace di parlarle. Anzi, credeva che i cambiamenti che
aveva notato nel comportamento di lei fossero dovuti alla
consapevolezza di portarsi dentro un figlio loro.
I giorni e i mesi si
trascinavano.
Albrecht e Scarlett
erano diventati una coppia e vivevano nell'appartamento del padrone.
Raramente Tom tornava, sempre più assente e svogliato.
La pancia cresceva e
Albrecht credeva che quel figlio fosse il suo. Gli sembrava che fosse
l'unica cosa buona che aveva combinato nella vita. Gli ultimi tempi
le faceva tutto – come suo padre – il cuoco, il cameriere, l'uomo
delle pulizie. La toccava raramente per paura di nuocere al bambino,
limitandosi a masturbarsi accanto a lei, accarezzandola in mezzo alle
gambe. Lei era assente.
Pensava
continuamente di aver sporcato il figlio con lo sperma di uno
sconosciuto, mescolandolo più volte con quello del vero padre.
Questo figlio avrebbe dovuto avere anche qualche cosa di Albrecht.
«Scarlett,
dobbiamo andarcene,» le
disse una sera, prima di coricarsi accanto a lei. «Non
voglio più fare questa vita. Ho venduto l'albergo e ho i soldi in
banca. Domani alle otto partiamo.»
«Me
lo aspettavo.»
Si ritornava in
macchina.
Si domandò se lo
amava, almeno quanto aveva amato Tom, e come sarebbe stato averlo
accanto tutta la vita. Finendo la lattina di birra pensò che anche
il bambino avrebbe potuto essere un piacevole diversivo.
«Dammi
un'altra birra.»
Il giorno che Ton
sarebbe arrivato, chissà quando, non l'avrebbe più trovata. Tutto
qui.
La macchina di
Albrecht non era né nuova né comoda: ogni asperità della strada la
sentiva sulla schiena con una fitta dolorosa.
Tom stava tornando a
Battle Creek. Aveva deciso di parlarle, ma non sapeva ancora cosa le
avrebbe detto. Forse di tutte le prostitute che aveva conosciuto.
Forse che voleva provare a ricominciare, in tre. Forse che aveva
deciso di lasciarla per sempre e continuare la vita randagia del
commesso viaggiatore. Solitario puttaniere.
Aveva bisogno di
parlarle: sapeva che le parole giuste sarebbero spuntate da sole
sulle sue labbra.
Arrivò che loro
erano appena andati via: il portiere dell'albergo gli disse di essere
il nuovo proprietario. Per un attimo Tom ebbe la sensazione di essere
caduto in un universo parallelo.
Dopo un giorno di
viaggio a Scarlett le si ruppero le acque. Era già buio.
«Mi
sono pisciata addosso»
«Ma
come?»
«Come
credi che sia successo, idiota! Trovami un ospedale che ho un mal di
pancia terribile.»
Albrecht considerò
che l'ospedale più vicino era il Good Samaritan di Kearney. Una
ventina di miglia, mezzora.
«Sbrigati!
Corri!!»
Lui accelerò. Non
voleva che partorisse in macchina.
Avrebbe dovuto
cambiare la lampadina del faro destro della macchina ma non aveva mai
tempo. Accelerò ancora, lei mugolava dal dolore.
Non prese bene una
curva a sinistra, perché la vide all'ultimo momento. La macchina
finì nella scarpata. Si fermò, accartocciata, dopo aver rotolato
per un centinaio di metri. Non avendo la cintura di sicurezza lui
morì sul colpo. Lei si fratturò il cranio ma non morì subito:
rimase in coma per qualche ora.
Quando trovarono la
macchina, il mattino dopo, erano entrambi morti. Lei aveva fra le
gambe un neonato che aveva ancora un soffio di vita.
Tom lo venne a
sapere ma non andò mai a reclamarlo.
Il bambino,
istupidito da tutte le birre che la madre aveva bevuto, visse
inconsapevole di sé e dei suoi genitori, in un ricovero per
cerebrolesi.
In macchina Scarlett
aveva deciso di chiamarlo Albrecht.