Gray
abitava al terzo piano, senza ascensore e con scale buie. Sean si
aiutò con la torcia del cellulare per trovare la targa sulla porta.
Spinse il bottone del campanello per una frazione di secondo. Era
atteso, la porta si aprì subito. Nella penombra riuscì a
distinguere soltanto un uomo molto più alto di lui. “Sono Sean”.
”Entri, la stavo aspettando”. Gray si fece da parte e con un
gesto amichevole lo invitò ad entrare. La luce era poca anche
dentro, data da un paralume grigiastro appoggiato su una scrivania di
legno. Si sentiva il brusio della radio accesa in un'altra stanza.
Tutto era triste. Polverosi ritratti di donna erano appesi alle
pareti di quell'ambiente che era un'entrata, uno studio e, vista la
presenza di un divano di pelle sfondato, anche un soggiorno. Un odore
di finestre chiuse da troppi giorni. Si sentì sfiorare una caviglia
e fece un sobbalzo. “Non si preoccupi di Tobith, è solo
affettuoso. E' il suo modo di conoscere e di presentarsi agli
sconosciuti”. Sorrideva, un po' divertito. “Si accomodi. Caffè o
birra?”. Si avvicinarono entrambi alla poca luce e Sean lo poté
guardare meglio in volto. Capelli una volta rossi non tagliati da
mesi e non pettinati, sporchi, due baffoni grigi, occhi opachi,
un'aria depressa che contrastava con il tono amichevole che il
Professore si sforzava di dimostrargli.
Anche
il Professore scrutava Sean con curiosità e diffidenza, un
bell'uomo, non alto ma atletico, ben più giovane di lui e con
un'aria da volpe braccata da una torma di cani insaziabili. Chissà
cosa cazzo aveva combinato: quella dello sfratto non se l'era certo
bevuta... “Birra, grazie”. “Gelata, naturalmente”.
“Naturalmente”.
L'ambiente
era deprimente ma sembrava sicuro, ed era questo quello che Sean
cercava.
Il
Professore arrivò con due bottiglie di Budweiser. “Ne ho il frigo
pieno. Beva liberamente”. E una birra ci voleva davvero: gli diede
il rilassamento di cui sentiva bisogno. “Con le birre ci potremmo
fare due spaghetti”. Gray voleva essere sinceramente amichevole e
Sean non aveva mangiato tutto il giorno. La parola “spaghetti”
gli ricordò il borbottio del suo stomaco. “Dipende” rispose
ridendo, “Lei cucina bene? Io non sono capace”. “Vorrà dire
che mi farà da secondo”.
Si
spostarono nella cucina, non troppo pulita. “Il sugo di tonno le
può andare?”. “Sarà perfetto”. “Allora incominci ad
affettare questa cipolla”, e gli mise in mano un coltello che
sembrava una baionetta. Era contento, Gray, cucinare solo per sé era
sempre tristissimo. E Kate spesso lodava i suoi piatti. Un filosofo
italiano, matto come un cavallo, gli aveva insegnato a fare il
risotto e lo faceva spesso a Kate, che adorava quello con i funghi
secchi.
“Da
quanto conosce Corinnah?” chiese improvvisamente il Professore,
aprendo con difficoltà la scatola dei pelati, anche essi italiani.
“Da pochissimi giorni. Non credo di avere mai incontrato una donna
così, eppure ho viaggiato a lungo. Donne ne ho conosciute e non mi
sono mai lasciato sfuggire un’occasione. Ma è bastata una serata
insieme per capire che avevo trovato la mezza mela da cui Zeus mi
aveva separato. Il fatto che fosse la donna di mio fratello non mi
ha certo frenato. Lui per un caso del destino me l'ha presentata e
adesso penso che per lei potrei lasciare tutto, e scappare, insieme.
Per provare a ricominciare...”.
Il
Professore fu sorpreso da questa dichiarazione d'amore, e anche dalla
citazione del Simposio di Platone, stimolate, a suo modo di vedere,
solo da una mezza bottiglia di birra. Anche Sean era stupito di sé:
si domandò se in quella birra Gray ci avesse messo il siero della
verità.
Buttò
gli spaghetti nell'acqua bollente e si finì la birra. Una mezzora
sorprendente, passata a cucinare con uno sconosciuto.
Dopo
mangiato tutti diventano più chiacchieroni.
“Io
Corinnah l'ho conosciuta più di dieci anni fa. Sono stato il suo
professore di storia della filosofia alla High School. Un'alunna di
grande soddisfazione: vinse anche la borsa di studio per la Columbia.
L'ho incontrata per caso ieri che correva in Central Park. E abbiamo
ricordato i bei tempi...”. “Chissà come era Corinnah da ragazza”
pensò Sean, e poi di accorse di averlo detto. “Non più bella di
adesso. Solo più acerba...”. Sean invidiò il Professore: avrebbe
voluto esserci anche lui a vederla ragazzina.
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