venerdì 8 giugno 2018

Sean e Gray

Gray abitava al terzo piano, senza ascensore e con scale buie. Sean si aiutò con la torcia del cellulare per trovare la targa sulla porta. Spinse il bottone del campanello per una frazione di secondo. Era atteso, la porta si aprì subito. Nella penombra riuscì a distinguere soltanto un uomo molto più alto di lui. “Sono Sean”. ”Entri, la stavo aspettando”. Gray si fece da parte e con un gesto amichevole lo invitò ad entrare. La luce era poca anche dentro, data da un paralume grigiastro appoggiato su una scrivania di legno. Si sentiva il brusio della radio accesa in un'altra stanza. Tutto era triste. Polverosi ritratti di donna erano appesi alle pareti di quell'ambiente che era un'entrata, uno studio e, vista la presenza di un divano di pelle sfondato, anche un soggiorno. Un odore di finestre chiuse da troppi giorni. Si sentì sfiorare una caviglia e fece un sobbalzo. “Non si preoccupi di Tobith, è solo affettuoso. E' il suo modo di conoscere e di presentarsi agli sconosciuti”. Sorrideva, un po' divertito. “Si accomodi. Caffè o birra?”. Si avvicinarono entrambi alla poca luce e Sean lo poté guardare meglio in volto. Capelli una volta rossi non tagliati da mesi e non pettinati, sporchi, due baffoni grigi, occhi opachi, un'aria depressa che contrastava con il tono amichevole che il Professore si sforzava di dimostrargli.
Anche il Professore scrutava Sean con curiosità e diffidenza, un bell'uomo, non alto ma atletico, ben più giovane di lui e con un'aria da volpe braccata da una torma di cani insaziabili. Chissà cosa cazzo aveva combinato: quella dello sfratto non se l'era certo bevuta... “Birra, grazie”. “Gelata, naturalmente”. “Naturalmente”.
L'ambiente era deprimente ma sembrava sicuro, ed era questo quello che Sean cercava.
Il Professore arrivò con due bottiglie di Budweiser. “Ne ho il frigo pieno. Beva liberamente”. E una birra ci voleva davvero: gli diede il rilassamento di cui sentiva bisogno. “Con le birre ci potremmo fare due spaghetti”. Gray voleva essere sinceramente amichevole e Sean non aveva mangiato tutto il giorno. La parola “spaghetti” gli ricordò il borbottio del suo stomaco. “Dipende” rispose ridendo, “Lei cucina bene? Io non sono capace”. “Vorrà dire che mi farà da secondo”.
Si spostarono nella cucina, non troppo pulita. “Il sugo di tonno le può andare?”. “Sarà perfetto”. “Allora incominci ad affettare questa cipolla”, e gli mise in mano un coltello che sembrava una baionetta. Era contento, Gray, cucinare solo per sé era sempre tristissimo. E Kate spesso lodava i suoi piatti. Un filosofo italiano, matto come un cavallo, gli aveva insegnato a fare il risotto e lo faceva spesso a Kate, che adorava quello con i funghi secchi.
“Da quanto conosce Corinnah?” chiese improvvisamente il Professore, aprendo con difficoltà la scatola dei pelati, anche essi italiani. “Da pochissimi giorni. Non credo di avere mai incontrato una donna così, eppure ho viaggiato a lungo. Donne ne ho conosciute e non mi sono mai lasciato sfuggire un’occasione. Ma è bastata una serata insieme per capire che avevo trovato la mezza mela da cui Zeus mi aveva separato. Il fatto che fosse la donna di mio fratello non mi ha certo frenato. Lui per un caso del destino me l'ha presentata e adesso penso che per lei potrei lasciare tutto, e scappare, insieme. Per provare a ricominciare...”.
Il Professore fu sorpreso da questa dichiarazione d'amore, e anche dalla citazione del Simposio di Platone, stimolate, a suo modo di vedere, solo da una mezza bottiglia di birra. Anche Sean era stupito di sé: si domandò se in quella birra Gray ci avesse messo il siero della verità.
Buttò gli spaghetti nell'acqua bollente e si finì la birra. Una mezzora sorprendente, passata a cucinare con uno sconosciuto.
Dopo mangiato tutti diventano più chiacchieroni.
“Io Corinnah l'ho conosciuta più di dieci anni fa. Sono stato il suo professore di storia della filosofia alla High School. Un'alunna di grande soddisfazione: vinse anche la borsa di studio per la Columbia. L'ho incontrata per caso ieri che correva in Central Park. E abbiamo ricordato i bei tempi...”. “Chissà come era Corinnah da ragazza” pensò Sean, e poi di accorse di averlo detto. “Non più bella di adesso. Solo più acerba...”. Sean invidiò il Professore: avrebbe voluto esserci anche lui a vederla ragazzina.

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