giovedì 27 ottobre 2016

Neri

Nelle mie passeggiate cerco sempre di trovare qualche motivo di interesse che mi faccia dimenticare che cammino, spesso, senza sapere neanche il perché….
C’è un piccolo campo di calcio, vicino a cui passo con piè veloce nelle seconde ore del pomeriggio, anche quando il sole non si è visto per tutta la giornata e nello zainetto da tre euro c’è la giacchetta a vento col cappuccio. Ma quando piove ormai non la metto più, mi piace la pioggia addosso, mi fa immaginare che potrebbe pulirmi “dentro”.
Beh, in questo campetto iersera giocavano i soliti pargoli, con grande impegno, forse dettato, più che dal desiderio di giocare “bene”, dalla paura dei rimbrotti dei familiari in macchina al momento del ritorno. I familiari... bisognerebbe impedirgli di guardare le partite di calcio dei loro pargoli. Gli fanno solo male.
I familiari, appunto, uomini, iersera le donne erano rimaste a casa, erano assiepati dietro una porta del campetto. Di fronte a loro, dietro l’altra porta, una fila di musi neri (ricordate Nicolò Carosio? Io sì...). Mori, Negri. Neri. Uomini “di colore” (nero, più che altro). Qualcuno in piedi, qualcuno seduto. Dieci, potrebbero essere stati. Silenziosi. Attenti. Come se stessero vedendo una partita di un qualche campionato panafricano. Non solo vestiti in maniera dimessa ma vestiti “poco”.
Non gli sono andato vicino, ho voluto avere la delicatezza di non disturbarli. Non ho potuto leggere qualcosa nei loro occhi, scuri come la pelle. Fissi su quel pallone. Ho potuto solo immaginare….
Uomini in fuga, dalla miseria, prima di tutto, anche se l’Africa è un continente ricchissimo….. Da una vita senza futuro, da una donna dalla quale credevano di essere amati e che invece ha dimostrato di amare solo sé stessa…. Chissà se invece, dietro a qualcuno di loro c’è una famiglia che li aspetta, e che a loro pensa ogni giorno e ogni notte. E che dio non voglia che finiscano come il protagonista della poesia “… portava due bambole in dono….”.
Ma più di tutto sprizzava da tutti quegli occhi, scuri come la tristezza che si portavano dentro, sprizzava quel desiderio impossibile di entrare in campo e di giocare, non per misurarsi con i pargoli, e neanche per esibirsi in palleggi e rovesciate, ma solo per dimenticare per qualche attimo la tristezza di una vita in cui i bianchi sono da un lato e loro dall’altro. Qualsiasi possa essere il motivo. In fondo non è cambiato niente.




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