sabato 12 maggio 2012


I miei genitori sono l'uno il contrario dell'altra.
Mio padre è il medico condotto di questo paese di tremila anime. Subito dopo la laurea, presa a Napoli, è venuto qui e non si è mai più mosso. Ne deduco che ci stia bene, anche se non me lo ha mai detto. Col passare degli anni i capelli sono diventati bianchi e il portamento è un po' più curvo.
Ha sempre pensato che la Medicina fosse un mezzo per migliorare i suoi simili, e capisco che è rimasto un po' deluso. Ho visto un bagliore di luce nei suoi occhi solo quando gli ho detto che avrei fatto il medico anche io. Mio padre non dice più di venti venticinque parole al giorno, se non si contano i sì e i no. Ancora oggi non capisco bene che cosa l'abbia indotto a sposare mia madre. Hanno la stessa età ma lei dimostra venti anni di meno. Non riesce a stare cinque minuti in silenzio, nemmeno quando è da sola e legge un libro. Quando sono insieme lo affolla di discorsi, non importa di che argomento, e lui, per farle un innocente dispetto, fa finta di non ascoltarla, assorto come è nei suoi pensieri. Ma non perde una virgola. Questa donna poco più alta di lui, con i capelli nerissimi che hanno le donne delle nostre parti, sempre scarmigliata, gli è entrata nel cuore venti anni fa e io leggo negli occhi di papà un desiderio ancora ardente, come quello di Saffo, quando scrive il più bel verso d'amore di tutta la letteratura antica, "tu mi fai bruciare".


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