venerdì 27 febbraio 2015

Villaggio vacanze

Una notte vomitevole, irrespirabile come quel luglio del 2003. Hanno un bel dire che questi cessi di tucùl siano freschi perché hanno la spiaggia vicina, maledetti loro. Caldo, caldo, caldissimi.
Occhi sbarrati. Immagini che passano davanti agli occhi come un vecchio film in bianco e nero, ricordi confusi ma avvolti di tristezza. Non mi posso neanche coricare per terra: scotta. Datemi un'amaca!
Lei, la stronza, sta russando. Mi domando come cazzo faccia: cosa vuol dire avere vent'anni!
Ho quasi voglia di riprendere quella specie di aereo a pedali che ci ha portato qui.

Continua a russare, col seno che si muove ritmicamente nella penombra. Un gran bel seno, non c'è che dire, e pagato profumatamente, del resto. Un seno che ben presto prenderà il volo, quando troverà un altro vecchio che gli paghi più conti di quelli che gioiosamente ho appena finito di saldare io.
Comunque sia questo seno è stato capace di far ricrescere tenerezza e passione, incontrandomi nei giorni della malinconica rassegnazione di averle definitivamente perdute.
Vediamo se sarà anche capace di sbattermi in mezzo a una strada...

Sono le sei e mi alzo. Mi guardo con difficoltà nello specchio madido di umidità e mi domando se ho più voglia di sputare o di abbracciarmi. Domande oziose, senza risposta.
Lei continua a dormire, infantilmente inconsapevole.

(dedicato al Professor Unrat)




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