Marco non riesce a
continuare l'Università. Quell'esame di Storia dell'Arte lo ha già
dato tre volte. Forse il professore lo ha preso di mira. E'
scoraggiato. I suoi, quando va a chiedergli di interrompere gli studi
per un anno, non possono fare a meno di essere d'accordo, ma a
malincuore.
Sara, l'amica di
mamma, le ha raccontato che una famiglia cerca qualcuno per
accompagnare un ragazzo in una vacanza in Corsica, Raffaele. E'
autistico ma tranquillo. Il compenso è buono. Può essere
un'esperienza formativa anche per chi lo accompagnerà, pensa la
donna, e propone al figlio questo lavoretto. Vuole che si distragga.
Quando Marco va
conoscere i genitori di Raffaele capisce bene che non aspettano altro
che di liberarsene per qualche tempo. Hanno un'aria affaticata e
sofferente. Offrono una paga troppo buona. Però lui è giovane e
pieno di buoni propositi. Ed è anche poco più vecchio di Raffaele.
E' già maggiorenne ma la distanza fra le loro età è piccola:
potranno capirsi con facilità. Sa di poter essere responsabile di
quel ragazzo che ancora non conosce. Sa di avere nel cuore la forza
per difenderlo da tutto. Non ha ancora capito che Raffaele ha solo
bisogno di difendersi da sé stesso.
Il giorno dopo si
conoscono: Raffaele ha sedici anni, ha un'aria innocua nel corpo di
un gigante: a Marco fa venire in mente Garrone di Cuore. Tiene sempre
gli occhi bassi e fuma una sigaretta dietro l'altra. I genitori gli
dicono che Marco lo accompagnerà in Corsica e per un attimo alza lo
sguardo. In quegli occhi Marco legge il nulla. Raffaele vive in un
mondo nel quale non può entrare nessuno: troppo pericoloso. Ha i
suoi riti che gli permettono di sedare l'ansia, sempre in agguato.
Non ci vuol niente che diventi terrore. Le sigarette lo proteggono.
Ha le dita gialle a sedici anni.
Marco pensa “Si
può fare” e accetta di andare un mese in Corsica con quel pacco.
Due sere dopo, al
porto di Marsiglia, Raffaele si presenta accompagnato dai genitori,
che cercano di nascondere la soddisfazione per quella che è la loro
vacanza. Ha già le ciabattine da mare, una Lacoste rossa un po'
stretta e una sacca di pelle con tutte le sue cose. Nell'altra mano
ha una stecca di Gitanes papier mais,
quelle gialle. Gliele ha messe in mano suo padre.
Marco lo fa salire
in macchina e gli cerca la mano per stringerla. Stanno un'ora in
macchina ad aspettare l'imbarco e Marco non riesce a trovare nulla di
sensato da dire.
Raffaele si guarda
intorno, ha già voglia di scappare.
Finalmente sono sul
ponte B, quello dove ci sono le poltrone reclinabili prenotate. Non
c'è la zona fumatori, per cui Raffaele deve andare e venire sul
ponte, al freddo della notte. Marco dietro a lui.
Finalmente
l'autistico – Marco ha letto in questi due giorni che è uno dei
sintomi della schizofrenia – si addormenta.
Un rollìo della
nave lo sveglia improvvisamente: la poltrona a fianco alla sua è
vuota.
Si alza, colpito da
una scossa elettrica “Ma non si sarà mica buttato a mare quello
stronzo?” ed esce al buio. Lo cerca per mezzora, bestemmiando lui e
sé stesso, senza trovarlo. Alla fine si rivolge a un assonnato
commissario di bordo, che lo guarda con commiserazione. Tutto il
personale libero viene sguinzagliato per la nave e dopo due ore,
quando sul mare inizia il chiarore del mattino, un marinaio lo trova
sul ponte più alto, rannicchiato, circondato da decine di cicche di
sigaretta gialle.
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