martedì 15 aprile 2014

La osservo mentre si sta rivestendo, e mi domando, forse un po' oziosamente, cosa avrei pensato se avessi vissuto questa scena quarant'anni fa giusti. Magrissima era a quel tempo, uno scricciolo, con due occhi scuri e un nasino affilato.... certo l'appendicite, ci mancherebbe, ma di fondo deve esserci stato un rifiuto del cibo. Ha fatto impazzire i suoi, a furia di girare l'Italia per pediatri, e comunque non era riuscita a mettere su più di qualche kilo.
Poi, finita la scuola, non l'avevo più vista, cioè, avevo fatto finta di non vederla più, cancellata con un tratto di spugna, come faccio sempre, senza motivo o preavviso.
E tutti e due abbiamo scelto la stessa professione: lei, brillante studente, ha fatto il pediatra, quasi a voler esorcizzare la propria adolescenza.
Non ho mai capito, a sedici anni non ne hai gli strumenti, se fosse, almeno un poco, innamorata. Ma ricordo strabene come ero io, completamente rimbambito dietro quei due occhi, che forse, ieri, nascondevano il nulla. Ma comunque un bel viso, non c'è che dire.

La rivedo per uno dei soliti, strambi, scherzi del destino, a una riunione sindacale, alla quale difficilmente avrei immaginato di trovarla, anche perché non ci sarei andato.
Non so se la guardo ancora con gli occhi dell'amore o solo con quelli del disincanto e della mia vita complicata: mi sembra sempre uguale. Un filo di carne in più , messo nei posti giusti. La stessa aria intristita che mi aveva stregato.
E' lei che fa il primo passo, e ci parliamo, con distacco, solo come due compagni di scuola ritrovati. Sediamo vicini: un flash si apre improvvisamente, quella volta che siamo andati a teatro e ci siamo tenuti la mano stretta, la sua sinistra nella mia destra. Avrei dovuto immaginarlo, non poteva essere un buon segno.
Alla pausa delle 10.30 si scioglie un po', e io dietro a lei. Non abbiamo avuto matrimoni granché ben riusciti, e siamo entrambi consapevoli che è un privilegio, forse più che una conquista.
Si stabilisce, impercettibilmente, una nuova complicità, fatta di sguardi silenziosi, conditi da parole inascoltate.
Che ora sarà stata quando siamo usciti? Mi ha dato il braccio, come quella volta.
L'ho portata in un albergo, meno di cento passi, e lei mi ha stretto il braccio. Entrambi abbiamo mostrato la patente (allora l'hai presa!!), silenziosi. Entrambi con i propri pensieri, ben riposti.
Il primo bacio dopo quaranta anni: un esempio raro di pazienza. Adesso direi che bacia bene. Tutto è molto bello e dolce, anche se accompagnato da un silenzio rarefatto. Non sappiamo bene cosa dirci e siamo così furbi da capire che anche una sola parola rovinerebbe tutto. Silenziosi amanti, di un pomeriggio d'estate, afoso, certi di avere pagato qualcosa al destino così come certi di un'estraneità non più modificabile.
Ma è stato bello, e adesso che la osservo, non visto, mentre si sta rivestendo, mi rendo conto che non so più che ora sia.

23 febbraio 2014







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