mercoledì 9 luglio 2014

SCAPPARE 2 - IL FARO

Non si sta male in Argentina.
Qui dove lavoro ti puoi accumulare le ferie e io l'ho fatto. Parto oggi. Un gommone mi aspetta in porto e mi condurrà al faro di Sao Paulo, 60 miglia al largo di Buenos Ayres.
Parto da solo perché voglio stare da solo, novello Robinson: la spesa l'ho fatta con la più assoluta meticolosità, non solo perché sono cuoco ma perché un soggiorno lungo richiede un'alimentazione precisa. Arrivo quindi in porto col mio carrello. Lo scafista è già lì che mi aspetta, ed esprime una certa impazienza. Dopo aver caricato il cibo mi comunica che il viaggio durerà circa tre ore, se il mare non sarà mosso. Mi accovaccio e gli faccio un cenno di consenso alla partenza.
Intanto che usciamo dal porto rifletto su questa nuova avventura. Lei non ha capito, del resto me lo aspettavo, e quando le ho detto che sarei andato su un faro abbastanza sperduto nell'Oceano Atlantico si è incazzata di brutto. Mi ha detto che se lo avessi fatto mi avrebbe lasciato. Quanti anni sono che condividiamola stessa casa? Cinque, forse, non ricordo bene, e non sono certo che al ritorno la ritroverò. Forse siamo già arrivati al capolinea, o forse vuole solo scendere a una fermata intermedia per poi risalire a una delle successive, per proseguire il viaggio sempre sulla stessa linea.
Siamo partiti verso le cinque del pomeriggio: l'ultimo giorno è il peggiore, ed è quello in cui ti assale il panico di non riuscire a fare tutte le cose che sai di dover fare.
Alle sette è già scuro. Il mio nocchiero è sicuro al timone, e fuma anche lui, certe sigarette puzzolenti.... ma io assaporo lo stesso questa corsa in mare. Nulla intorno a noi, che non sia questa nera distesa di acqua bituminosa, che mi allontana dalla routine.
Arrivo con dieci minuti di anticipo. Siamo già d'accordo che tornerà a prendermi solo dopo espressa chiamata, ed è per questo che mi sono portato il satellitare.
E' buio, e il profilo del faro si staglia nella notte, con il suo segnale ritmato, che mi incanta. Quante vite avrà salvato? Cento passi saranno dall'attracco al faro, e farli col mio carrello non è stato poi così agevole.
Il portone, come nei bassi di Napoli, non ha sonaglio né campanello, per cui devo riempirlo di pugni. Un quarto d'ora mi fa aspettare il mio ospite, durante il quale penso che, al limite, potrei anche costruirmi una capanna. Alla fine scende, gridando con voce rauca e vecchia "Arrivo, arrivo". Apre la porta ma non mi porge la mano. "Un vecchio bianco per antico pelo" mi viene subito in mente, è più forte di me. L'età non è definibile. E' nato qui e qui morirà, in un tutt'uno col suo faro. Non c'è neanche bisogno che gli dica chi sono, chi mai avrebbe l'insano desiderio di seppellirsi in mezzo al mare? Mi accompagna al mio appartamento, che è a metà dell'altezza del faro. Se penso che dovrò portarmi su il carrello, poco per volta, certo, mi tremano le gambe.
Ma il viaggio è valso la pena! Ho un open space con un finestrone enorme che occupa almeno un terzo della circonferenza del faro, dal quale vedo un mare nero di cui indovino il continuo movimento, solcato, dopo pause precise, dalla spada del fascio di luce. Uno spettacolo che mi lascia ammutolito. Del resto lui tace...
Il letto, il tavolo, la seggiola. Il frigorifero potrebbe essere meglio. La cucina a gas non è male, ha il forno come mi ero caldamente raccomandato.
Qui non ho bisogno di null'altro, in un contesto ancor più essenziale di quello di Le Corbusier. Per sentirmi davvero a casa tiro fuori i miei coltelli e li sistemo a un angolo del tavolo.
Il burbero malefico si raccomanda in malo modo di non essere chiamato se non in caso di malore, tanto io non lo chiamerei neanche morto. Son venuto qui per stare da solo, figuriamoci. Esce, sbattendo la porta. Ha vinto il "campionato simpatia 2011", ne sono certo.
Eccomi, finalmente solo come volevo, lontano dal mondo. Posso fare ciò che desidero, posso dormire tre giorni filati, posso mangiare mezzo kilo di pasta in una volta sola. Invece bisogna che osservi un preciso ruolino di marcia, perché voglio che le mie giornate siano dense di tutte le belle cose che ho l'intenzione di fare. Due uova al bacon celebrano questi miei propositi. Sorseggiando il Cabernet cileno che mi sono portato mi avvicino, con rispetto, alla finestra. Quello che vedo mi lascia davvero senza parole. Siedo e guardo in silenzio. Non so quanto sono rimasto a contemplare questo mare, volutamente non ho guardato l'orologio.
Con i baffi impregnati di fumo me ne vado a letto, che ha ruvide lenzuola di lino che mi ricordano i miei primi dieci anni.
Dal letto vedo il bagliore del faro, che mi accompagna nel sonno, dopo una giornata così piena di novità.
TO BE CONTINUED



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