mercoledì 30 luglio 2014

SCAPPARE 8 - IL SOGNO DI GIUSEPPE

Il Calvados aveva fatto il suo effetto: Giuseppe giaceva sul divano, con la gambe allargate ad accogliere il gatto. Russava, a tratti, e l'Orco, impossibilitato a dormire, lo guardava sorridendo.

"Dove ho già visto questa donna? Mi sorride come se mi conoscesse bene e anche a me sembra di conoscerla, ma non saprei proprio dove metterla.
Mi prende la mano e mi fa cenno di seguirla. Non faccio fatica ad obbedirle: è bellissima. La sua stretta mi trasmette una piccola scossa. Mi conduce dolcemente per questo corridoio pieno di luce. Camminiamo insieme in silenzio. Odo, immagino alla fine del corridoio, un sommesso scrosciare d'acqua, sempre egualmente lontano nonostante il nostro procedere.
Le guardo il volto, sempre più sconosciuto e sempre più familiare. E' più alta di me, e la sua stretta è forte. I miei occhi sono all'altezza del suo seno, coperto solo da una camicia di garza azzurro mare, sotto la quale indovino due capezzoli duri e scuri.
La sua stretta mi trasmette con forza il desiderio di essere posseduta. Proseguiamo, ma lo scroscio d'acqua è sempre lontano, se pur ben riconoscibile, in questo corridoio infinito che mi dà un senso di serenità profonda.
A un tratto mi ferma e si siede, trascinandomi, con la schiena appoggiata alla parete. Forse siamo in un albergo? Non vedo porte.
Sento le sua labbra mordermi l'orecchio e mi volto. Ho la bocca davanti alla sua e vi introduco la mia lingua, subito risucchiata con violenza tale da farmi male. Non mi domando più chi sia questa donna, cerco di non pensare a nulla che non sia il piacere che stiamo scambiandoci. Voglio vederli, questi capezzoli, sommità di un seno perfetto. Lei ha gli occhi chiusi, e il respiro è superficiale, un poco affannato. Eccoli, tali e quali a come me li ero immaginati. Non voglio toccarli con le mani: solo baci, con la recondita intenzione di far stare tutto quel seno dentro la mia bocca. Lei inarca leggermente la schiena. La camicia azzurra non c'è più e la moquette blu su cui siamo sdraiati è morbida come gommapiuma. Non so perché ma non ho nessun timore che arrivi qualcuno. Anche gli slip volano, non levati dalle mani. Adesso è stesa davanti a me, che aspetta senza fretta.
La mia attenzione è colpita da un mobiletto al mio fianco, a cui prima (ma quanto prima??) non avevo fatto caso, con l'anta socchiusa. C'è dentro un vaso con un profumo meraviglioso di vaniglia. Come obbligato da un richiamo incomincio a spalmarla di questa crema profumata, fresca, come l'acqua della sorgente che continuo a udire. E ad ogni spalmata segue una meticolosa leccata. Buona questa crema! Sembra yoghurt. Inavvertitamente le sfioro il sesso, caldo e umido. Non perdo l'occasione per rinfrescarlo con lo yoghurt.
Adesso sono sopra di lei, a cavalcioni del suo torace. Le verso senza più ritrosia tutta la crema addosso, distribuendogliela sopra ogni piega, tenendone solo un poco, in cui intingerò il mio, di sesso, che è all'altezza del suo seno, che è immerso nel suo seno. Quanto tempo è che andiamo avanti così? Ogni poco lei piega la testa e cerca di acchiapparlo al volo con la bocca, in un gioco che non vuole finire. A un tratto lei si ferma e incomincia a sorridere, e poi a ridere in maniera sempre più sgangherata, incomprensibile ma contagiosa, e il desiderio di penetrarla diventa allora l'esclusivo pensiero, di schiacciarla con il mio corpo e di tenere fra le braccia quella testa di capelli scuri, affogandoci dentro il mio parossismo. Nel momento in cui la penetro lei stringe con forza le gambe, e il mio piacere decolla.
Adesso la moquette è diventata qualcosa di liquido, che accompagna dolcemente il nostro andirivieni, ritmato, del quale nulla possiamo capire, soprattutto quando sia cominciato né se possa mai finire. Non ho più la percezione di me stesso e non ho più la percezione di questa donna che è intorno a me, che non è più un altro da me ma fa parte ormai della mia unicità.
Impercettibilmente, sento che incomincia a guidare lei. I nostri corpi sono avvolti dal sudore e dallo yoghurt, sottile membrana aderente ma su cui scivoliamo con sicurezza. Grazie alle sue spinte sento il desiderio ricoprirmi ogni centimetro di pelle: non penso che durerò ancora molto, anche perché i suoi sospiri si stanno trasformando in grida lamentose, laceranti, che rimarcano il mio silenzio. Ma non è che io non godo: semplicemente non riesco a dare voce al mio godimento.
Finalmente, stringendoci con forza le mani, arriviamo entrambi a quel punto che era già nella nostra mente prima di partire, e un lunghissimo bacio ne è il traguardo.
Adesso anche lei tace.

Io vorrei dormire ma non posso, perché sto sognando".


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